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La Lazio e la lazialità raccontate da una penna elegante e raffinata. Stiamo parlando di Vincenzo Cerracchio, classe 1955, ex autorevole firma del Tempo e il Messaggero di cui è stato responsabile dello sport per circa un lustro. Cerracchio, che è stato anche presidente del Consiglio di disciplina dell’ordine dei giornalisti del Lazio, non ha fatto mai mistero della sua passione per lo sport (il suo corposo curriculum annovera anche cinque Olimpiadi e diversi Mondiali) e per la Lazio, cui ha anche dedicato due libri, "Due Soli" (2008), e il più recente e interessantissimo "Controstoria della Lazio" (2016), la storia della prima squadra della Capitale vista da una prospettiva inedita e fascinosa. Cerracchio si è congedato dai suoi affezionati lettori nel 2013, proprio all'indomani del trionfo laziale in Coppa Italia contro i giallorossi. Tuttavia, continua ancora a cibarsi di calcio. Con il consueto garbo, non si sottrae alla nostra chiacchierata, scandita anche da qualche pillola di amarcord.

Come nasce la passione per il giornalismo sportivo?

Fin dalle scuole elementari ho sempre preferito le materie umanistiche a quelle scientifiche, mi piaceva già da allora scrivere e nei temi brillavo al punto che, qualche anno più tardi, il mio professore di liceo classico mi fece i complimenti per il mio stile giornalistico. E da lì scatto la molla...

I suoi maestri?

Sono tanti. Al Tempo mi hanno adottato, io venivo da più di un lustro di cronaca, l'approccio allo sport fu graduale. Il primo che devo certamente ringraziare è il direttore di allora, Gianni Letta. Un altro grande mio punto di riferimento è stato Gianfranco Giubilo, un fenomeno assoluto che scriveva a macchina in maniera velocissima. Infine, Giorgio Tutino che mi ha dato tanti consigli preziosi.

Quanto è cambiato il giornalismo rispetto ai suoi tempi?

Moltissimo. Già ai miei tempi avanzava la tv che piano piano toglieva spazio. Il giornalista doveva inventarsi qualcosa che la tv non desse, mi ricordo di questo sforzo immane per contrastare la sua ascesa. Ora, con i social, è diventato quasi impossibile fare giornalismo. Quello di adesso non deve essere confuso con quello di allora, ora tutti possono dare notizie.

Il momento più esaltante della sua carriera?

Le Olimpiadi di Atlanta del 1996.  Non dormivo la notte anche per via del fuso orario, mi sembrava di essere dentro a un sogno e invece era tutto stupendamente vero. Le Olimpiadi sono lo sport per antonomasia, nettamente superiori agli stessi Mondiali. Cercai di informarmi su tutto, la preparazione e lo studio iniziarono due mesi prima, studiai gli atleti e le varie discipline, fu un'esperienza meravigliosa e gratificante.

E i Mondiali?

Ne ho fatti diversi. Che emozioni in Francia '98 e Italia '90. I ricordi più belli sono legati a Germania 2006, quelli del trionfo della squadra di Lippi, ero inviato del Messaggero.

Un suo cruccio?

Non ho rimpianti particolari, se fossi nato qualche anno prima mi sarebbe piaciuto essere in Spagna '82 a respirare quella magica atmosfera.

Lei ha realizzato tante interviste nella sua lunga carriera: le più belle?

Il primo Sacchi, che feci a Porto Sant'Elpidio, poco prima di una sfida del suo Milan in Coppa Italia. Il tecnico rossonero mi tenne incollato per un'ora durante la quale mi spiegò la sua filosofia di calcio. L'altra a Nedved nel 2002, sull'aereo di ritorno da La Coruna. Il ceco mi raccontò nei dettagli i motivi del suo addio alla Lazio, fu un grosso scoop di cui si parlò a lungo. Dal punto di vista umano, invece, quella a cui sono molto legato è l'intervista a Mihailovic nonostante il parere contrario della Lazio. Ci vedemmo nel bar di Formello dove Sinisa si confessò apertamente e la cosa fece arrabbiare i dirigenti della Lazio. Ma lui era fatto così...

vincenzo cerracchio

Come nasce la sua passione per la Lazio?

Avevo sette anni quando arrivai a Roma, e mia cugina, che viveva in città già da molti anni, mi convinse a preferire i colori biancocelesti a quelli della Roma. Di lì a poco il mio esordio allo stadio, erano i primi anni Sessanta e la Lazio dei vari Cei e Governato militava in serie B. La passione vera sbocciò durante gli anni del liceo quando mi abbonai in curva. L'apoteosi fu lo scudetto del '74, ero appena diventato maggiorenne, conservo dei ricordi bellissimi.

Ci racconti pure...

Eravamo in curva Sud, sopra il famoso muretto e seguivamo la squadra anche in trasferta, era una curva molto diversa da quella di adesso. Ricordo quel Lazio - Verona, quando i giocatori laziali all'intervallo rimasero in campo invece di rientrare negli spogliatoi. Poi un Lazio - Milan dell'anno precedente (2 a 1 per i biancocelesti) e  la rete di Re Cecconi, l'anno dello scudetto, nel convulso finale, sempre ai danni dei rossoneri. 

Lei ha assistito da giornalista a tante gare della Lazio: c'è una partita che più di tutte conserva nel cuore?

Senza dubbio Lazio - Milan del 1998, la finale di Coppa Italia vinta in modo rocambolesco grazie a una rete di Nesta sotto la curva Nord. Quella sera ero come al solito al mio posto, in tribuna stampa, e al gol del definitivo 3-1 persi il solito aplomb e mi lasciai andare a una esultanza incontenibile: la Lazio tornava ad alzare un trofeo dopo anni, fu una serata magica che condivisi con le mie giovanissime figlie anch'esse presenti allo stadio...

Il suo laziale di sempre?

Sono tanti, ognuno a suo modo ha incarnato la lazialità. Mi fa sempre piacere ricordare il mio omonimo e coetaneo Vincenzo D'Amico, quello che sento più vicino, persona straordinaria e giocatore fantastico. Vincenzino evoca tanti ricordi, io iniziavo a tifare e lui a giocare con la maglia per la quale ha sempre tifato. Un colpo al cuore quando purtroppo è uscito di scena lo scorso anno.

I consigli che si sente di dare a un neofita della professione?

Essere, prima di tutto, intellettualmente onesto con chi ti legge. Bisogna sempre verificare la fonte, lavorando con dedizione, passione e curiosità. I giornalisti devono sempre raccontare la verità, è questa la nostra missione.

Se non avesse fatto il giornalista?

Mi sarebbe piaciuto fare l'avvocato.

Che futuro intravede per la Lazio?

Dipende da quello che vuole la società. In questo momento l'obiettivo di Lotito non è lo scudetto o una coppa europea, ma mantenere la Lazio nel suo limbo. Non sappiamo che cosa ci aspetta per il futuro, speriamo di rimanere nell'elite del calcio italiano.

Cerracchio e i libri: ha altre iniziative editoriali in cantiere?

Ho scritto tre romanzi gialli, ne vorrei scrivere un quarto per chiudere il cerchio. Altri progetti per ora non ne ho, ma la mia fantasia è sempre fervida, mai dire mai...

di Libero Marino

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