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Ha giocato con gente come Michel Platini e Bruno Giordano attraversando due nobili epoche del nostro football come gli anni Settanta e Ottanta. Versatile come pochi, difensore con visione di gioco da centrocampista, oggi uno come lui farebbe le fortune di molti allenatori. Lionello Manfredonia è sbocciato calcisticamente alla Lazio, lui romano di Prati, classe 1956, e per quei colori biancocelesti ha sempre avuto un debole, fin da quando, giovanissimo, osservava le gesta dei suoi beniamini biancocelesti dal parterre della vecchia curva Nord. La maglia della sua squadra del cuore l'ha indossata con orgoglio per un decennio, poi le circostanze lo hanno portato lontano dalla Capitale, a Torino, dove si è concesso il lusso di vincere uno scudetto e una coppa intercontinentale. Prologo all'esperienza sull'altra sponda del Tevere, trasferimento che all'epoca fece molto rumore specie in seno alla tifoseria giallorossa. Un talento che ha avuto il giusto privilegio di indossare anche la maglia della Nazionale. Manfredonia ama ancora il football, lavora con i ragazzi. I suoi impegni, tuttavia, non gli impediscono di rilasciarci una breve quanto interessante intervista sospesa tra passato, presente e futuro.

Grazie per la sua cortese disponibilità. I suoi inizi?

Tutto iniziò quando il compianto mister Flamini mi vide giocare in un torneo al Flaminio, era l'inizio degli anni Settanta. Poco dopo, dal Don Orione passai  alla Lazio, dove feci la classica trafila: Allievi, Primavera (con cui vinsi lo scudetto nella stagione 1975/1976), fino all'approdo in prima squadra.

Tra poche settimane ricorrerà l'anniversario numero 50 del primo storico scudetto: che ricordi conserva di quella splendida stagione?

Insieme a Di Chiara, Giordano e Nardo andavo spesso a vedere la Lazio in Curva Nord parterre. Ricordo benissimo l'ultima sfida col Foggia che regalò il primo scudetto e il derby di qualche anno prima risolto dal gran tiro di Nanni. Grandi emozioni, eravamo ragazzini che sognavano un giorno di giocare in quello stadio.

Manfredonia con la maglia della Lazio in una partita del 1980

Simbolo di quel meraviglioso gruppo era un certo Chinaglia...

Giorgio è stato un grande campione, idolo indiscusso della tifoseria. Anni dopo indossò anche le vesti di presidente, ruolo che ricoprì tra alti e bassi. E' stato indubbiamente un grande personaggio, capace di riscattare un intero popolo.

Il derby romano incombe: che sfida si aspetta tra Roma e Lazio?

La squadra di De Rossi recupera alcuni big importanti, sarà pertanto più competitiva rispetto a quella di Lecce. La Lazio, invece, sarà priva di qualche pedina preziosa come Zaccagni, Provedel e Lazzari. Prevedo comunque una sfida particolarmente accesa come si conviene a ogni stracittadina.

Come giudica l'avvicendamento sulla panchina biancoceleste?

Tudor è un buon allenatore, agli antipodi calcisticamente rispetto a Sarri. Spero che il tecnico croato riesca subito a trasferire la sua filosofia calcistica alla squadra. Ha esordito bene contro la Juve in campionato, peccato per quel secondo tempo della sfida di Coppa Italia. Sarri evidentemente era al capolinea della sua aventura alla Lazio, ha dato le dimissioni subito accettate dalla società a differenza di quanto accaduto a Cagliari con Ranieri. Questo repentino cambio di allenatore dimostra comunque che nel calcio di oggi c'è sempre più poca programmazione.

Tudor in allenamento

Cioè?

Intendo dire che in generale, a mio giudizio, spesso ci si affida all'improvvisazione. Passare così rapidamente dal gioco a zona a quello a uomo non è semplice. Vediamo se la cura Tudor sortirà risultati apprezzabili.

Questa Lazio, per lei, è da rifondare?

Non è semplice rispondere. Tudor, in questa parte finale di stagione, dovrà essere bravo a lavorare con la rosa che ha e a capire quali sono le modifiche da apportare in vista della prossima stagione. Se, come è probabile, qualche big dovesse partire, spero venga rimpiazzato da gente all'altezza, la Lazio ha il dovere di puntare sempre in alto.

Si rivede in qualcuno oggi?

Francamente no, io ero polivalente ed eclettico, difensore e all'occorrenza centrocampista con licenza d'offendere. Non vedo giocatori nel panorama nazionale con caratteristiche simili alle mie.

Un'istantanea sul football moderno?

Non mi piace molto, lo considero di serie b rispetto alla Premiere League che ritengo il top. Oltremanica, a mio avviso, si gioca il calcio vero, intenso, fisico.

Il giocatore più forte con cui ha giocato?

Su tutti Platini e il mio amico Giordano. Il francese era un fuoriclasse, faceva cose incredibili, ma anche Bruno ha realizzato prodezze che poi non ho più rivisto sui campi di calcio. Due fenomeni.

E la nuova Nazionale di Spalletti?

Stimo molto il tecnico toscano, capace lo scorso anno di una grande impresa a Napoli. Sono convinto che farà altrettanto bene anche sulla panchina azzurra.

Manfredonia oggi?

Sono rimasto nel giro, dopo l'esperienza come responsabile nel settore giovanile del Brescia, oggi dirigo un'accademia di calcio giovanile, "Il Vero Calcio", a Vicenza, città in cui vivo. E' un laboratorio dedicato ai giovani di età compresa tra i 10 e i 16 anni, insegniamo ai ragazzini la tecnica, che è l'abc di tutte le discipline sportive. ll calcio deve ripartire necessariamente da qui, così come facevamo da ragazzini io e mei colleghi quando ci allenavamo nei cortili, sui terreni duri, schivando pali e saltando l'uomo. Oggi nei settori giovanili si antepone la tattica alla tecnica e questo non va bene.

Di Libero Marino

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