EDITORIALE: Lazio - Roma: Quando la lotta contro l'antisemitismo diventa questione di tifo
L'ultimo derby di Roma giocato sette giorni fa ha avuto come una grande cornice di pubblico cui hanno fatto da eco anche i numerosi media a livello mondiale che si sono affacciati all'evento. Qualche ora dopo la fine del match sono cominciate a circolare le immagini raccapriccianti di una maglia della Lazio presente sugli spalti con la scritta "Hitlerson". La dura presa di posizione della società ha portato all'identificazione del cittadino tedesco autore del vile gesto. Daspo per 5 anni da parte delle Autorità Pubbliche ed il divieto a vita di assistere alle gare interne è stato il provvedimento preso dalla Lazio.
Unanimi si sono levate le voci di illustri personaggi indignati "giustamente" per l'accaduto che non hanno fatto altro che aumentare quel disgustoso pregiudizio secondo cui tutti i tifosi della Lazio sono dei "nazi-fascisti".
Nemmeno il tempo di alimentare ulteriori caratterizzazioni verso i tifosi della Lazio che il Ministro dello Sport Abodi ha reso noto come anche due tifosi della Roma che sempre nel derby hanno esposto dei vessilli che rievocavano il regime nazista sono stati identificati e puniti con il Daspo.
Peccato però che di questa notizia si siano perse le tracce sui media nazionali. Nessun esponente di qualsivoglia partito politico o ente religioso che abbia mosso parole. Nessuna agenzia di stampa che abbia dato eco prima di Abodi a questa notizia. Un silenzio assordante che come sempre accade in questi casi rende vomitevole tutto quanto accaduto prima nei confronti dei tifosi della Lazio.
Punire i responsabili è stata da sempre la linea che i tifosi della Lazio e la società stanno da anni chiedendo l'applicazione. L'identificare un intero popolo come nazi-fascista è un atto di becera ignoranza che svilisce la bontà delle censure mosse ai colpevoli di questi deplorevoli atti. Capire che il problema riguardi non la tifoseria di questa o di quell'altra squadra, ma direttamente la società è la base di partenza per sopprimere questi rigurgiti di un passato che va rifiutato. Puntare il dito sulla tifoseria della Lazio non risolverà il problema. Non lo farà nemmeno l'omettere scientemente che anche dall'altra parte del Tevere ci siano dei vigliacchi nostalgici.
Una tabella che da qualche ora gira sul web testimonia in maniera analitica una disparità di trattamento da parte dei media che è da brividi. Una vera e propria censura che questa volta ricorda in pieno quella di un regime.
Lungi da me chiedere che la tifoseria giallorossa venga additata come nazi-fascista. Laziali e romanisti non sono così, ma è innegabile che all'interno delle tifoserie si annidano delle pecore nere che escono fuori quando la vetrina è di quelle importanti e quando si può avere cassa di risonanza alle loro idee malsane. Uniamoci veramente contro determinate ideologia cambiando modo di raccontare i fatti e non puntando il dito contro un popolo di cui la maggior parte sono innocenti e vittime di questo retaggio culturale che i media continuano ad alimentare. La lotta all'antisemitismo non può diventare una questione di tifo e non può essere il grimaldello per identificare e punire una tifoseria perché in questa maniera perderemmo di vista l'obiettivo vero di una battaglia così importante.