EDITORIALE - Cronistoria di una Scudetto: Sono le 18:04 del 14 maggio 2000, la Lazio è campione d'Italia
EDITORIALE - Cronistoria di uno Scudetto
14 Maggio 2000. Rieccoci nuovamente con questo particolare mese e le sue ricorrenze legate al mondo biancoceleste. Si, perché, per i tifosi laziali, Maggio è una fonte dalla quale attingere tantissimi ricordi. E che ricordi!
Oggi però a farla a tutti, diciamo, sotto la “pioggia”( e non sotto il naso…) è stato lo squadrone del Presidente Sergio Cragnotti, guidato da Sven Goran Eriksson. 6 Coppe, di cui 2 Internazionali, e uno scudetto. Bottino mai visto prima a Roma. Su entrambe le sponde del Tevere, sia ben chiaro.
Dopo anni di successi in Italia e nel Mondo, tardava ad arrivare il secondo tricolore sul petto. Dopo vari tentativi, eccoci finalmente al rush finale. La situazione, all’ultima giornata del campionato di Serie A del nuovo millennio recitava: Juventus prima in classifica a quota 71 punti e Lazio subito dietro a 69.
Nessuno ci credeva fino in fondo, neanche i presenti sugli spalti, venuti però giustamente ad omaggiare i giocatori, e la squadra intera, per lo straordinario percorso condotto sino ad allora. Terminata la partita con la Reggina, vinta per 3 a 0 con le reti di Simone Inzaghi, Juan Sebastian Veron e Diego Pablo Simeone, allo Stadio Olimpico si attendeva dunque il verdetto di Perugia, dove la Juventus era impegnata in trasferta. Verdetto che, tra l'altro, tardava ad arrivare, poiché la partita era stata sospesa, dall'arbitro Collina, a causa di una pioggia scrosciante.
L’ansia saliva. Il silenzio assordante, che solo nello stadio di Roma si riesce a percepire, rimbombava ovunque. I tifosi si erano riversati in campo, mentre la squadra era negli spogliatoi. In Tribuna Monte Mario, assieme al Presidente Cragnotti, era presente la moglie e l'intera dirigenza biancoceleste. Dal Renato Curi di Perugia, l’unica notizia era relativa alla sospensione della partita per nubifragio, un evento meteorologico di una portata forse mai vista nella cittadina umbra.
Alle 17:11 si riprese a Perugia si riprese a giocare. Decisione ancora oggi contestata, soprattutto dai tifosi bianconeri, ma di indubbia condivisione, dato che vigeva il principio della contemporaneità per i due match valevoli per la rincorsa al medesimo obiettivo: lo scudetto.
A Roma, all’interno dello stadio, gli altoparlanti presero la parola quando già il Perugia si era portato in vantaggio. Calori. Alessandro Calori aveva portato il risultato sull’1 a 0 ai danni della Juventus. La situazione meno probabile. La classifica ora recitava: Lazio 72, Juventus 71. Su stessa ammissione praticamente di tutti, la massima speranza dei tifosi biancocelesti, quel giorno, era rappresentata dal pareggio, con la conseguente partita di spareggio, tra le due contendenti, che avrebbe assegnato lo scudetto.
E Invece no! Le radioline accese all'unisono, accompagnate dalla voce dello speaker, riempivano le orecchie dei tifosi. Timori e ansie erano visibili sul volto di tutti i presenti. Ombre sinistre provenivano dall’anno precedente, al termine del quale la Lazio venne beffata al foto finish dal Milan, nonostante tutta una serie di polemiche.
Non poteva riaccadere di nuovo. Il trascorrere del tempo alimentava il sogno e mitigava le ansie. O forse no. A 20 minuti dal termine venne espulso Zambrotta, per i bianconeri. La Juventus, però, nonostante l'inferiorità numerica, continuò l’arrembaggio. Anche nel lunghissimo minutaggio di recupero concesso: ben 6 minuti. Non si intravedeva mai una fine. Trascorsi anche questi, però, ecco che arriva il boato della gente. Gioia, mista a commozione. Urla liberatorie e passione sfociarono nei cori, che si levavano dal campo e dagli spalti. Colmi dei colori biancocelesti.
Un’atmosfera unica. Alle 18 e 4 minuti del 14 Maggio, la Lazio è Campione d’Italia 1999/2000. La festa poteva finalmente iniziare, con la prima squadra della capitale che vinceva lo scudetto per la seconda volta nella sua storia.
Uno scudetto unico, indelebile. Conquistato nell’ anno del centenario ed il primo del nuovo millennio.